A nulla serve il dibattito infuocato sull’accoglienza, le foto dei bambini annegati sembrano smuovere solo le coscienze del popolo virtuale e non della vita reale. A nulla hanno portato le ricette che si sono susseguite in questi anni, “aiutiamoli a casa loro”, “difendiamo i nostri confini”, slogan privi di esito alcuno; oggi l’unica realtà con cui confrontarsi sono i morti che popolano quel cimitero chiamato Mediterraneo. Immobile in questo quadro l’Europa che non ha il coraggio di assumere una propria iniziativa, forte e unitaria. Sempre più ingessata da egoismi e sentimenti sovranisti, sembra aver dimenticato le radici e i principi del popolarismo, per cedere il passo a un pericoloso populismo radicato sulla paura dell’altro piuttosto che sull’accoglienza del fratello.
Il nostro Paese, che più di altri ha saputo praticare l’accoglienza e l’inclusione, è divenuto complice della politica dell’odio trovandosi retrocesso nelle ultime categorie della civiltà umana.L’Italia oggi ha il dovere di cambiare passo, la nostra cultura e i nostri valori ci impongono di assumere una posizione moderata, di buon senso e soprattutto di umanità.La soluzione umanitaria, legale e razionale adottata in alcuni casi, dovrebbe divenire l’ordinario modo di procedere, in un dialogo forte con l’Europa alla quale chiedere, responsabilmente, una cabina di coordinamento dell’accoglienza, sulla base di quote concordate con i paesi europei disponibili.Accogliere nel modo giusto, garantire il rispetto della legalità, per non essere vittime della “globalizzazione dell’indifferenza”, come ebbe a dire Papa Francesco nel suo viaggio a Lampedusa.E tempo di mettere fine a inutili balletti sulla responsabilità e cercare una soluzione condivisa sul piano internazionale, perché queste stragi, continue e previste, una società civile come la nostra non può accettarle.